IL MONASTERO E IL BANDITO

Da Monte dei Bianchi, guardando verso Ugliancaldo, si scorgono in alto alcuni ruderi. Sono i resti di un monastero fatto erigere dal nobile veronese e famoso bandito Matteo Filippo Caldani. Si racconta infatti che tornando con i suoi bravi dopo un saccheggio a Pontevecchio di Cecina sul Bardine, viene sorpreso da una tremenda tempesta di tuoni e fulmini. Impauriti e alla ricerca di un riparo i gaglioffi passano da Vezzanello, dove incontrano delle fanciulle raccolte in preghiera davanti alla maestà di Vezzanello, un’immagine sacra, che pregano per la fine dell’uragano.
Turbato e commosso, il Caldani si ravvede vergognandosi delle proprie malefatte, prende a salire verso Aiola e il Pizzo d’Uccello e dopo aver varcato il ponte sul Fosso di Vinca, vi getta una piccola chiave di un forziere da lui rubato, pronunciando le seguenti parole: "È più facile io ritrovi questa chiavetta che salvarmi". Licenziati i suoi compari ladroni, comincia una vita di penitenze, vivendo delle elemosine dei contadini, finchè un giorno riceve un segnale divino. Gli viene portata una trota di sei libbre e al suo interno vi ritrova la chiavetta gettata nel torrente!
Il Caldani fondò allora l’eremo di San Giorgio, dove visse fino alla sua morte in solitudine.
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